Sto aprofittando queste giornate meteorologicamente pazze per continuare a scrivere un libro sull'India e ho bisogno di una pausa da questo viaggio virtuale al sub-continente fatto di colori e odori, che mi ha rubato un pezzettino di cuore.
CUORE
Se penso alla parola Cuore mi vengono in mente il libro di De Amicis, i cuori spezzati che gli innamorati indossano come prova d'amore, una rivista spagnola tipo Novela2000 (esiste ancora?). Ma mi viene in mente sopratutto una domanda: chi sarà stato il primo a disegnare la forma del cuore (non quello dell'organo che ci mantiene in vita, ma quello che disegnavamo sui banchi di scuola con le iniziali del nostro amato).
E siccome sono
Poi ci sono gli eterni romantici che dicono che venga dall'unione delle teste di cigno (che suona un po' a parolaccia) e quelli, più pratici, che vedono nel simbolo del cuore un chiaro culo capovolto (come dargli torto!).
CAPOVOLTO
In questo momento sono capovolta: sto vivendo a testa in giù in Nuova Zelanda da 4 mesi. 4 mesi in cui abbiamo visto un bel po' di cose e la stra-maggioranza hanno a che vedere con la natura: la natura è la grande alleata della Nuova Zelanda. Sarà che si trova cosí al
SCARPE
Quando vivevo a Barcellona avevo 521 paia di scarpe. Poi mettevo quasi sempre le stesse 4 o 5 eh, ma avevo una scarpiera che avrebbe fatto invidia a un millepiedi e a Selvaggia Lucarelli (vabbè dai non esageriamo, a la Lucarelli no).
Mettevo anche i tacchi, e quando torno a casa lo faccio ancora eh, ma da quando ho iniziato a viaggiare a tempo completo ho scoperto che la mia scarpa preferita non è una scarpa: sono le infradito! Anche se c'è un posto dove se potessi mi metterei gli scarponi da montagna...
SABBIA
Oh so' strana: lo so che la maggior parte della gente (normale) adora la sensazione di camminare scalza sulla spiaggia, sentire i granelli di sabbia tra le dita, sprofondare i piedi in sti detriti di rocce e minerali. Bleah!
A me fa lo stesso effetto di quando il gessetto stridula sulla lavagna, una forchetta raschia il piatto o Enrique Iglesias canta una canzone dal vivo.
ENRIQUE IGLESIAS
Ecco, come son finita a parlare di Enrique Iglesias non lo so. Ma questo post non doveva servire a rilassarmi? Vabbè, le regole son le regole (ma quali regole?) e allora parliamo di 'sto figlio d'arte. Julio dicevano che c'aveva il suo perché (136 anni fa eh, adesso è un dinosauro!) ma a me Enrichetto non è mai piaciuto. Un po' per quell'espressione un po' da cane bastonato, un po' da pesce che si sta asfissiando e un po' per solidarietà a suo fratello Julio Iglesias Junior, che manco chiamandosi come il padre nessuno se lo fila!
FILA
La fila indiana (e qua mi ricollego un poco a Julio Iglesias che ha un' aria un po' d'indiano d'america non ti sembra?) è qualcosa che gli italiani non riusciamo proprio a fare. Non ce l'abbiamo proprio nel dna. Ma neanche gli spagnoli eh. Sarà un problema dei latini, non lo so, ma è come se c'avessimo una fobia arcaica verso l'idea di formare una fila. Noi preferiamo stare vicini vicini e fare una calca umana. L'esempio perfetto è all'aeroporto: impossibile mantenere una fila, diventiamo come atomi impazziti o nel peggiore dei casi come un gruppo di ragazzine ad un concerto dei One Direction.
Che poi perché? Se il biglietto è numerato! E poi il 90% delle volte prima di imbarcare (imbarcare? imaereoare semmai!) ti fanno salire su un autobus che in 25 secondi ti lascia di fronte all'aero.
E la storia si ripete. È roprio vero che l'uomo è l'unico animale che inciampa due volte sulla stessa pietra (logico: è perché non la vede! Colpa della calca che gli disturba la visuale).
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