domenica 31 maggio 2015

ED IL TEMPO SI FERMÒ

Ed il tempo si fermò.
Alle 08:15 del 6 Agosto 1945, gli orologi smisero di funzionare, di scandire il tempo, di vivere e guardare al futuro: le loro lancette, ancorate a quell’istante terribile sono una delle più evidenti prove dell’orrore che successe quel giorno.


‘Little boy’, la bomba atomica chiamata così perché non superava i 3 metri, fu sganciata dall’Enola Gay’ nel cielo Giapponese, scoppiando 600 metri sopra il centro di Hiroshima. 

Non solo le lancette smisero di funzionare in quell’instante: il 90% degli edifici del centro della città fu polverizzato, cosí come furono polverizzati i sogni, le speranze, i dubbi, le certezze di 80.000 persone che un istante prima svolgevano la vita di sempre e un istante dopo non esistivano più (si stima che le vittime della bomba atomica di Hiroshima sono state più di 250.000).



Quelle di Hiroshima sono le vittime della pazzia (in)umana, le vittime di una guerra che con loro non aveva niente a che fare, un po’ come succede quasi sempre: quelli sopra decidono, quelli sotto ne pagano le conseguenze.

Il Giappone non stava certo vivendo un epoca pacifica: era nel bel mezzo della seconda guerra mondiale, occupando (e straziando) vari paesi del Sudeste Asiatico e combattendo con gli Stati Uniti. I bombardamenti non erano cosa nuova: varie città giapponesi erano state colpite duramente però Hiroshima era sempre scampata da questi attacchi. Curioso.
Soprattutto perché all’epoca si trattava di un gran centro militare.

Ma gli americani non se l’erano dimenticata, anzi. Era stata l’eletta. Il ‘Progetto Manhattan’ era stato creato a sua misura, come se di un vestito funebre si trattasse. Il motivo per cui Hiroshima (e Nagasaki) non vennero mai bombardate era per poter studiare poi gli effetti catastrofici dello scoppio di una bomba atomica, in una città normale, senza quindi altre variabili in gioco.

Quando la bomba scoppiò il suo effetto di morte e distruzione si fece sentire polverizzando istantaneamente tutto ciò che si trovava nel raggio di 2 km. Solo un paio di edifici rimasero in piedi, tra i quali il famoso ‘Dome’, ormai simbolo di quell’istante indimenticabile. Lo scenario era dantesco: polvere, rovine e morti viventi con la pelle lacerata e l’impossibilità di capire cos’era successo. Un secondo prima stai vivendo, un secondo dopo speri di morire il prima possibile.


I racconti dei testimoni sono terribili, non potremmo mai capire cosa hanno provato in quei momenti. Impossibile. 
Yosuke Yamahata, il fotógrafo ufficiale dell’esercito Giapponese, arrivato a Nagasaki qualche giorno dopo lo scoppio della seconda bomba atómica raccontò:

“Era un vero inferno sulla terra. Quelli che a malapena erano sopravvissuti –con gli occhi bruciati e la pelle lacerata- camminavano sostenendosi con dei pali, aspettando aiuto. Non c’era nemmeno una nuvola che nascondesse i terribili raggi di sole di quell’agosto”


Gli effetti della bomba atomica non sono stati solo immediati: migliaia di persone morirono in seguito alle radazioni, negli anni successivi. Malformazioni, leucemie, malattie mai viste prima sono il testimonio della pazzia della guerra, dell’inumanità di certi uomini.

Una visita al museo della pace di Hiroshima è quasi un obbligo, è impattante, ma necessario. Durante la visita non sono riuscita a scattare molte fotografie, a volte direi che son di troppo.

Questo è il primo post su Hiroshima, ne verranno altri perché la città oggi è tornata a sorridere :)

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